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Channel: Munizioni e Polveri Caccia – Caccia Passione
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Cartucce da Caccia RC, scopriamo la linea Camouflage 2014.

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Cartucce da Caccia RC: Ci sono gradi marchi che hanno segnato la storia della Caccia e del Tiro sportivo in Italia: uno di questi è “RC”, dagli anni ’70 tra i migliori produttori di cartucce.

Principio fondamentale della RC è da sempre la massima qualità senza compromessi offerta al miglior prezzo. Le munizioni RC puntano da sempre all’innovazione ed al miglioramento tecnologico per fare dei prodotti di questo marchio tutto italiano, tra i migliori sul mercato e più all’avanguardia per quanto riguarda il livello di meccanizzazione raggiunto dal reparto produttivo. L’azienda si avvale infatti dei più moderni macchinari in grado di raggiungere la massima precisione nei dosaggi e nell’accuratezza dell’assemblaggio, capacità fondamentali per la regolarità della qualità RC che, unitamente all’elevata capacità produttiva ed ai bassi costi di gestione ne rendono il prodotto altamente competitivo su tutti i mercati.


Tanti sono oggi i tipi di cartucce prodotti dalla RC sia per la caccia che per il tiro sportivo, di ogni calibro, di ogni grammatura capaci di adattarsi sempre di più alle più svariate esigenze di cacciatori e tiratori.

Tra gli ultimi prodotti RC per la Caccia si evidenziano come esempio di eccellenza le cartucce della linea Camouflage, create con il preciso intento di soddisfare le richieste di tanti appassionati cacciatori sempre alla ricerca di munizioni sempre più affidabili e performanti. Le cartucce RC Camouflage sono il frutto della passione e dell’esperienza dei tecnici RC che sono stati in grado di creare una gamma di prodotti di rare performance balistiche. Cominciando dalla POLVERE, esclusiva RC, si può affermare che vanta un’ottima stabilità balistica alle più svariate condizioni climatiche; la BORRA è in plastica con contenitore a più tenute; ma il vero punto di forza della nuova linea caccia è il PIOMBO Super Temperato, anch’esso esclusiva RC, capace di conferire alla pratica venatoria l’eccellenza tecnologica raggiunta, in fatto di prestazioni, dalle cartucce da tiro sportivo. L’unione di questi componenti, quanto di meglio sul mercato, consente un aumento di penetrazione del 15% ed una riduzione di dispersione di rosata del 20% rispetto ad una normale cartuccia da caccia, garantendo il massimo confort di tiro.

Tutte le cartucce RC vengono testate al banco di prova interno a cadenza regolare durante l’arco della giornata e vengono ripetuti ad ogni cambio di lotto di produzione, o di polvere, o dopo ogni minimo aggiustamento nelle regolazioni dei macchinari; il controllo al banco di prova prevede la rilevazione di dati relativi al tempo in canna, al ritardo di accensione, alla pressione, all’integrale della curva di pressione ed alla velocità a più distanze dalla canna. I controlli proseguono dedicando la massima attenzione alla verifica delle rosate delle cartucce da tiro e da caccia sparate a varie distanze nell’area di tiro RC.

Inoltre l’utilizzo di un’apposita cella climatica permette di ricreare le più diverse condizioni climatiche al fine di testare le prestazioni delle cartucce in tutti i tipi di clima; le cartucce infatti vengono sottoposte per 72 ore al condizionamento dentro la cella climatica dopodiché sono pronte per il test al banco di prova. Tutte queste componenti fanno della RC è un’azienda in continua evoluzione che pone la massima attenzione alla ricerca ed alla  sperimentazione, con l’obiettivo di produrre cartucce di altissima qualità che possano donare sempre nuove emozioni a chi le spara.

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Winchester svela la cartuccia Blind Side calibro 12/70

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Ecco come si presentano le cartucce Blind Side in cui, come specificato dal fabbricante, si è curata in maniera efficace l’impermeabilizzazione

Winchester – Cartuccia Blind Side calibro 12/70: La Casa statunitense ha presentato recentemente una cartuccia a munizione spezzata dotata di particolari innovativi frutto di una ricerca approfondita sui componenti e sulla balistica terminale.

di Emanuele Tabasso

Le migliorie sulle cartucce a pallini sono meno percepibili di quelle apportate alle consorelle per le canne rigate dove una rosata di alcuni colpi cerziora immediatamente sulla validità dell’innovazione. Pochi sono nelle condizioni di provare sull’appropriato bersaglio cartaceo le rosate di pallini, men che meno di compiere quei magnifici rilevamenti su apparecchi elettronici, ma in compenso chi è davvero interessato e maneggia la materia con il dovuto mestiere coglie rapidamente sul campo l’essenza di quel che ha per le mani. Esaminiamo una cartuccia presentata recentemente dalla BWMI e prodotta dalla  Winchester, del gruppo Olin® Corp. in uno dei propri stabilimenti degli Stati Uniti. Già sulla bella e accattivante confezione nei colori nero, argento e rosso, spicca la destinazione specifica per cui la cartuccia è stata pensata: gli acquatici.

Sappiamo quanto sia diffusa questa selvaggina in molti dei territori del Continente Nuovo, dagli USA al Canada, dal Centro a molte zone del Sud America e si comprenderà come la finalizzazione degli studi sia stata molto ben spesa. A vivacizzare la cosa una piccola scritta con cui si segnala al cliente come l’azienda orgogliosamente sponsorizzi l’organizzazione Ducks Unlimited (www.ducks.org) che cura appunto il mantenimento e la salvaguardia delle zone umide: dove poi si andrà a caccia cogliendo in maniera opportuna e regolamentata i frutti degli investimenti mentre qui da noi sarebbero fabbriche di poltrone, appannaggi e inattività, salvo quella di sbinocolare.

La cartuccia prende le mosse dall’impiego, oramai obbligatorio un po’ dappertutto, dei pallini di acciaio che non hanno le brutte prerogative del piombo quando vengono ingeriti dai selvatici.

Al di là di tale giusta considerazione, per le armi e la balistica questa scelta ha creato diversi problemi, ma l’industria è lì apposta per risolverli al meglio: le canne odierne sono tutte certificate per l’impiego di simili munizioni, ma la resa com’è? A parità di condizioni inferiore, senza dubbio, quindi occorre un qualcosa di diverso per ripianare la questione e non far rimpiangere il bel tempo andato. La carica della Blind Side calibro 12/70 è pari a 35 g, quindi caratteristica e conforme agli usi; la velocità denunciata pari a 425 m/sec dice già qualcosa di più interessante della media nel rapporto con il peso di carica e sappiamo bene quanto tale parametro giochi a favore della letalità, specie su selvatici con un piumaggio assai poco penetrabile come quello delle anitre; la densità di rosata è figlia del numero di pallini e del loro viaggio nella canna prima e dalla canna al bersaglio poi.

Gli studi Winchester hanno ottimizzato la velocità, il Gruppo Olin® ha polveri di ogni genere e non dev’essere stato un problema mettere a punto quella specifica, volgendo l’attenzione   al rapporto peso/numero di pallini e individuando una forma antica, mai usata però nel settore: l’esaedro è in pratica il dado da gioco con facce piane raccordate da spigoli  smussati. Con apposito macchinario si stiva nel contenitore della cartuccia una colonna ordinata che contiene un numero maggiore delle solite sferette (circa + 15%), ergo ci saranno più elementi in volo a guarnire la rosata. Quest’ultima a sua volta viene molto favorita dall’adozione nel caricamento di una coppetta inferiore a due concavità contrapposte sopra a cui è posizionato un tubetto contenitore con tre alette lanceolate intagliate nella parete cilindrica: l’aria relativa al movimento impiega un certo tempo/percorso ad aprirle quindi la colonna di pallini vola distante dalla bocca del fucile rimanendo compatta e disperdendosi solo più avanti. Inoltre questi proiettili possiedono un fattore di forma favorevole al volo e al mantenimento della velocità riducendo drasticamente le dispersioni periferiche con da ultimo, ma non ultimo, un potere lesivo decisamente maggiore della classica sfera. In finale viene da domandare se questo non sia l’uovo di Colombo? Pare sempre così quando qualcuno arriva per primo alla soluzione di un problema.

Scheda tecnica
: Cartuccia da caccia Winchester Blind Side calibro 12/70
Fabbricante: Winchester (Made in USA)
Distributore: BWMI Italia Marcheno (BS) – fax 030 – 8960236  –  bwmi@bwmi.it
Calibro: 12/70 (disponibile anche in 12/76)
Tipologia: Blind Side
Carica: 35 g (1 e ¼  oz.- proiettili HEX™ equivalenti al n. 5
Velocità: 425 m/sec (1400 ft/sec) alla volata

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Cartuccia da caccia Winchester Power Max bonded in .30-06 Sprg.

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Munizioni da caccia Winchester: Esaminiamo una recente realizzazione della Casa statunitense nella serie di cartucce ad alte prestazioni, dotata della palla bonded per impiego su selvaggina di buona struttura dove occorre una decisa cessione di energia.

di Emanuele Tabasso

Ogni fabbricante di livello nel settore delle cartucce per la canna rigata ha una o più serie di fabbricazione molto accurata che noi riteniamo adatte a chi ricerca una precisione intrinseca adeguata ai tiri a lunga distanza, diciamo intorno al ½ MOA, utile a sfruttare la resa di carabine altrettanto accurate e delle ottiche di ultima generazione con torrette balistiche e quant’altro consente di spingere la distanza un po’ più in là, ma soprattutto, e questo preme dirlo, di assicurare alla distanza confacente alle proprie capacità e al dovuto senso etico, di piazzare la palla con sicurezza nel punto dove si è mirato. L’ambito commerciale di queste cartucce speciali va visto in quei cacciatori che non amano mettersi a ricaricare, sparano i pochi colpi che servono, compresi quelli per la verifica annuale della taratura, poi la questione termina e se ne riparla l’anno successivo. Comprensibile come a costoro i pur splendidi risultati della ricarica domestica non interessino: il vantaggio economico, sensibile e apprezzabile, li tocca molto poco visto il numero, esiguo in definitiva, dei colpi sparati.

Siamo arrivarti a questo punto, il prezzo, che rappresenta l’unica negatività di tali cartucce e che sarebbe uno scoglio insuperabile per i frequentatori abituali dei poligoni: da quanto osserviamo e con la diffusione della caccia con la canna rigata, oramai molti si sono instradati alla soluzione industriale e le soddisfazioni  non mancano. Il preambolo per osservare e prendere in esame una delle recenti realizzazioni della Winchester per la propria linea Super X: siamo caduti quasi fatalmente sul calibro .30-06 Sprg. considerando come venga usato diffusamente anche nella caccia in montagna,  nelle zone collinari per l’ampio ventaglio di cervidi e mufloni, e poi rappresenti una percentuale enorme delle camerature nei semiautomatici per la caccia al cinghiale.

La cartuccia
Esaminiamo da vicino questa cartuccia: bossolo in ottone di ottimo aspetto, ben finito con solco liscio, fondello con scritte nitide e tasca dell’innesco senza sbavature, raccordi regolari nei passaggi corpo, spalla e colletto, crimpatura del proiettile poco visibile, ma molto ferma. E’ proprio la palla a contenere le peculiarità di tale cartuccia: del tipo Power Max bonded e con peso di 150 gr dà subito un’ottima impressione: dalla massima circonferenza, mantenuta per circa la metà della lunghezza, il profilo segue una curvatura a raggio aperto, quindi con pareti che paiono quasi diritte per rastremarsi nella stretta ogiva a profilo pressoché conico, dotata di un minuscolo foro che risulta otturato da una sostanza plastica. Questo è quel che appare alla vista: molto interessante l’interno perché, come detto, la palla è del tipo bonded, quindi con il nucleo centrale in piombo, saldato alla camiciatura a base chiusa, spessore differenziato e rastremazione verso l’apice. Secondo i canoni tale profilo assicura buone doti di volo e una notevole precisione mentre la struttura del proiettile consente il ritegno quasi del 100% della massa e un affungamento che raddoppia il diametro originario: si avrà dapprima un forte penetrazione poi un tramite molto lesivo, con una cessione medio rapida di una cospicua parte dell’energia sviluppata e un deciso potere vulnerante. Sulla bella scatola rossa sono riportate, in misure  statunitensi, le prerogative del prodotto ccon la sua destinazione specifica riferita ai selvatici del luogo, quindi cervo rosso e cervo coda bianca. La tabella balistica utilmente esposta indica in yarde e pollici le velocità e i cali di traiettoria riferiti alle distanze di 0 – 100 – 200 – 300 – 400 – 500 yarde che tradotti in m/sec danno V/0 di 890, V/100 di 803, V/200 di 721, V/300 di 645, V/400 di 573 e V/500 di 507. Le variazioni in cm (sempre riferite a traguardi in yarde) vanno alle suddette distanze da -3,8 a +4,6 a 0,0 a -20,3 a 60,5 a 125,5. Si ha quindi un buona tenuta almeno fino alle 300 yarde, poi com’è logico, il calo si fa sentire. Parimenti adeguati i valori di energia che la carica esprime e che indichiamo in kgm alle distanze sopra citate: 392, 319, 258, 206, 163 e 127.

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Per concludere
Questa cartuccia della Winchester possiede tutte le prerogative per ben figurare quanto a precisione e letalità: oltre agli ungulati classici per cui è davvero specifica, la vedremmo bene anche sul cinghiale dove, alle distanze consone a tale specifica caccia, la struttura del proiettile unita all’alta velocità, sempre rispetto al calibro, consentono penetrazione e soprattutto shock idrodinamico adeguati a fermare il re della macchia.

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Cartuccia da caccia R.C. 20 T 3. Demimagnum nell’aureo calibro medio.

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Cartucce RC: Romagna Caccia è la dizione estesa della sigla e tutti gli appassionati della canna liscia conoscono le prestazioni delle cartucce prodotte da questa azienda per cui le caratteristiche di equilibrio, prestazioni e costo rappresentano una terna vincente.

di Emanuele Tabasso

Le sigle sono facili da rimemorare, ma ugualmente non sfugge di mente quel che sottendono specialmente quando di mezzo c’è la passione che più ci attanaglia: la pedana e la caccia rubano il sonno e fanno vivere momenti di soddisfazione con rara intensità. L’azienda R.C. nasce nel 1970 quando Vittorio Socci decide di attrezzarsi per collocare sul mercato i frutti della sua personale ricerca nel campo del caricamento di cartucce per le canne lisce. I successi ottenuti nel tiro a volo sono stati un forte veicolo pubblicitario, prima nella cerchia di amici e conoscenti, poi in estensione a un numero sempre maggiore di praticanti, interessati sempre più all’abbinamento prestazioni e costi di queste cariche. La storia si dipana di successo in successo a cominciare dall’Oro a Seul nel ‘78 di Luciano Brunetti nello Skeet, primo italiano a raggiungere il vertice della classifica in tale specialità. Intuibile come tale pedana, questa volta in senso metaforico, sia propedeutica al lancio in grande stile del marchio anche sui mercati esteri: oggi la nuova denominazione aziendale di RC Eximport comunica in maniera chiara quale sia la vocazione della ditta condotta ora dai figli di Vittorio, Paolo e Alessandra, che hanno fatto proprio il filo conduttore di tutti questi anni rappresentato dalla massima qualità senza compromessi offerta al miglior prezzo.

Tutto è reso possibile dalla perfetta conoscenza di ogni risvolto della materia trattata, dall’impiantistica di vertice, dall’organizzazione produttiva. Questa premessa per andare a scovare nell’ampia produzione, un qualche cosa adatto alla caccia, e in particolare col beneamato calibro 20, rivolgendoci alla stanziale, ma visto il periodo in cui stiliamo queste note, alla beccaccia e ai tordi.

La cartuccia RC 20 T 3
Già dalla confezione questa cartuccia è accattivante, ma siamo certi che la scelta del bell’involucro sia una conseguenza dell’eccellenza del prodotto contenuto e non certo una comoda esca per chi si fa ammaliare soltanto dall’estetica. Vediamo un po’ a fondo le caratteristiche e i perché di una simile opzione premettendo che sì, è vero, col calibro 20/70 occorrerebbe sparare la sua carica giusta, dove per giusta s’intende la grammatura classica codificata dai maestri inglesi fra i 24 e i 26 g, ma i tempi si evolvono, le mentalità pure e le esigenze vanno appresso di conseguenza. Ci dispiace lasciar a casa la doppietta o il sovrapposto di questo calibro che tanti successi hanno sempre assicurato e non è assolutamente fuori luogo, oggi, salire a una carica che contiene il 25% in più della base normale: ovviamente verificare la punzonatura sulle canne dell’arma è doveroso per evitare incidenti quindi un occhio attento al particolare essenziale e si può inserire nelle canne questa piccola bomba che, per altro, fila via liscia ch’è un piacere. Vediamo la confezione in scatola di cartone da 25 pezzi, maggiorabile a quella da 250, e i colori giallo e verde che spiccano anche sul bossolo da 70 mm; il fondello è da 16 mm e la carica è di 32 g di pallini in piombo temperato con numerazione che sale dal 3 al 6 con l’aggiunta del 7½ e del 9½. Con i primi quattro valori si ha tutto il dovuto per insidiare la lepre anche in stagione avanzata e con tiri discretamente lunghi, insieme a fagiani e pernici varie, pure in montagna con bianche e coturne, mentre le altre due numerazioni, proprio con l’aggiunta della mezza misura, collegano idealmente la prima canna alla starna sotto ferma del cane (quant’è bello!) o alla beccaccia, notando poi la specificità dell’ultimo valore proposto per tordi e cesene dove la carica maggiorata ha il suo perché nell’allungo del tiro utile concesso dall’infittimento di rosata per il dovizioso numero di pallini presenti, e dall’energia ancora sufficiente per la preda insidiata.

Proprio per tale valore ci compiacciamo sulla V/1 pari a 398 m/sec che nei confronti di calibro e peso da lanciare rappresenta un risultato di tutto rispetto. Cominciamo a preparare la brace per la schidionata e apriamo una bottiglia giusta: facciamo un torto al nostro Piemonte planando su un recentissimo Pinot Nero delle Marche dove la contiguità regionale mostra, anche nel settore enologico, l’intraprendenza e il raggiungimento di ambiti traguardi.    

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Cartuccia 9,3×62: dalle colonie tedesche in Africa ai semiautomatici da cinghiale

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Cartuccia 9,3×62: I prodotti efficienti e razionali possono venire messi da parte per questioni commerciali legate sovente a nazionalismi, ma fatalmente vengono riscoperti quando la loro funzionalità diventa specifica in un particolare settore.

di Emanuele Tabasso

Inizio del XX secolo, ci si affranca dall’Ottocento e si entra nel 1900: da qualche decennio la scoperta francese della polvere infume ha dato il via a studi specifici per le cartucce animate da tale propellente con doti decisamente più funzionali rispetto alla vecchia polvere nera. Sono i tempi in cui le guerre europee e, scusate l’apparentamento, la caccia nelle colonie, almeno per chi le ha, funzionano da spinta incontenibile per gli studi di balistica. Gli inglesi sono padroni di una percentuale enorme del mondo, quella di maggior rendita ovviamente, e si sono resi protagonisti di uno sviluppo storico nei fucili e nelle cartucce: domina per la selvaggina pesante e pericolosa di Africa e India il concetto del proiettile lento e pesante, insieme, e va sottolineato, a cospicue dosi di energia, di letalità e di riguardo per chi spara: far stramazzare in contemporanea preda e cacciatore evidenzierebbe un progetto errato.

Nei calibri da express i figli d’oltre Manica sono padroni della situazione, ma nelle cartucce da carabina i tedeschi rintuzzano vivacemente i concorrenti, pur se i loro territori coloniali sono decisamente inferiori. Negli studi i sudditi del Kaiser sommano le esigenze di queste zone, insieme a quelle ben più congeniali e praticabili della vecchia Europa continentale, con i fucili a ripetizione: il movimento Mauser K98 ha iniziato a mostrare al mondo come si fa a contenere pressioni elevate con due, anzi tre piccoli prismi di acciaio. La cartuccia che esaminiamo nasce proprio all’alba del secolo, intorno al 1905, a opera del tecnico berlinese Otto Bock che individua nel diametro di 9,3 mm, già molto usato in Germania, la misura opportuna per i grandi cervi, gli alci dei territori prussiani, le più prestanti antilopi africane e pure elementi pericolosi come i grossi felini, siano leopardi o leoni, i bufali e quand’anche i pachidermi. La cartuccia gode già dell’evoluzione della polvere infume e dell’arrivo dei proiettili affusolati riscuotendo un notevole successo a partire dalle colonie come l’Africa del Sud Ovest, ponendosi quasi in parallelo con la .375 di Holland & Holland, un po’ meno potente, ma ugualmente dignitosa nel suo lavoro. Per raggiungere e superare nei numeri la fantastica inglese arriverà dopo pochi anni un’altra 9,3 mm, quella progettata da Wilhelm Brenneke con la sua lunghezza classica di bossolo pari a 64 mm. Tornando alla creatura di Bock e al suo ritagliarsi una fetta importante di mercato dobbiamo notare come le prestazioni equilibrate, un rinculo più che tollerabile, energia e capacità vulnerante apprezzabili si sposino sovente in quegli anni con le capacità dell’industria e dell’artigianato di fornire ottime carabine così camerate a prezzi che oggi definiremmo popolari. L’argomento monetario è sempre interessante e così cartuccia e fucili si diffondono con rapidità.

 

Cartuccia 9,3×62: Qualche dato e l’impiego odierno

Abbiamo ripreso alcuni dati proprio della carica della Fiocchi giunta da non molto tempo sul mercato individuando come, anche in canna corta da soli 51 cm, le prestazioni rimangano di tutto rispetto: la palla Soft Point Bonded, quindi a punta morbida e camiciatura saldata al nucleo interno, da 286 gr (18,5 g) realizza una V/2 media pari a 701 m/sec con SD di 9 m/sec ed E/2 di 463,3 kgm, un’entità appropriata per non generare un rinculo fastidioso mantenendo capacità lesive garantiste; questi poi i valori ulteriori in kgm con E/50 di 415, E/100 di 383, E/200 di 328. Un paragone con le altre tre cartucce tedesche da 9,3 mm rimaste sulla breccia vedrebbe in lizza l’antesignana, tranquilla 9,3x72R, sorella di altre cinque pari diametro differenziate dalla lunghezza del bossolo cilindro conico che andava dai 48 agli 82 mm: questa citata è l’unica ancora in produzione RWS e consente di sperimentare soprattutto fucili misti dell’epoca con notevole soddisfazione. Di ben maggiore caratura la 9,3×64 di Brenneke, già citata, un poco affaticante per il rinculo non propriamente leggero, ma dotata di energia (arriva a 640 kgm) e radenza da vendere grazie alle dimensioni del bossolo maggiorate e al proporzionale contenuto di polvere. Si torna a rese simili alla 9,3×62 con la 9,3x74R, grazie al collarino adatta ai basculanti e, anch’essa, tuttora sulla scena.

Da quanto riportato è facilmente intuibile come la carica sviluppata da Otto Bock si sia rivelata molto adatta ai semiautomatici rigati di attuale produzione e al loro impiego di elezione. La distanza di tiro è mediamente entro i 100 metri, sovente al di sotto dei 50, quindi la radenza è un fattore secondario e quella sviluppata basta e avanza anche per tiri più lunghi; l’energia sviluppata nell’ambito di tali metrature è numericamente eccellente (media fra 460 e 490 kgm) con il vantaggio della densità sezionale dei proiettili da 9,3 mm e peso dai 15,0 ai 18,5 g (232 – 286 gr) che, nei tipi a naso molle, cedono moltissima energia, creando tramiti importanti e assai lesivi; da ultimo e non ultimo il rinculo moderato grazie a un angolo di spalla non troppo accentuato, poco sotto ai 40°, una carica non esasperata e al cinematismo del fucile per cui la forza si sviluppa in un tempo allungato, senza picchi fastidiosi per la spalla del tiratore e per l’impennamento della canna, quindi con facile ritorno in mira. Una riscoperta dunque che fa giustizia di un lungo e immeritato oblio e un’applicazione oggi davvero calzante nella tipologia armiera specifica per la caccia al cinghiale.

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Fiocchi Beccaccia Dispersante in calibro 20/70

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La Casa di Lecco ha in catalogo una serie cospicua di cartucce da caccia con soluzioni specifiche per ogni esigenza: oggi esaminiamo quella per la beccaccia  e per maggior soddisfazione la scegliamo nel calibro 20/70.

di Emanuele Tabasso

Non crediamo si sbagliare affermando che la beccaccia stia al mondo venatorio nostrano come l’università agli altri corsi di studi: lasciando da parte galli, coturne e bianche che fanno parte di un mondo a sé stante, per tutto il resto la scolopax rusticola  va dritta al cuore degli appassionati della canna liscia che ancora hanno in animo la caccia vera, su selvatici veri, in terreni quasi sempre difficili e con ausiliari anch’essi da università, anzi da corso di specializzazione post universitaria. La stupenda bestiola non si alleva, non si lancia e conserva abitudini ancestrali con passaggi legati al tempo e al clima, con alcuni riferimenti per le date, ma con le precisazioni che vanno appresso alla luna e agli eventi meteorologici. La magia di mettere il naso fuori dall’uscio la sera per strologare se arriverà quel benedetto vento da nord, e con lui le beccacce, ha tutt’oggi qualcosa di ancestrale, di divinatorio, di sciamanico anche se a tante nozioni ormai si accede con i palmari e le altre diavolerie che informano l’uomo ottundendogli le facoltà tramandate nel tempo. Tuttavia anche con i moderni sussidi per divinare quel che succederà domani l’annusare  il tempo, magari in una casetta di collina, fuori dal paese e distante dalla gente, conserva il fascino delle cose ancestrali, quelle che per prime ci muovono alla caccia.

Scegliere con oculatezza
Le scelte per insidiare l’astuta beccaccia arrivata dalla terre subartiche vanno condotte con molta attenzione e riguardo: dalla zona da battere a come effettuare la ricerca, per arrivare all’addestramento che abbiamo impartito al nostro ausiliare, tutto concorre a innalzare le probabilità di riuscita. Sarà poi il doppio elemento finale, quello che davvero conduce al risultato, a richiedere tutta la nostra cura: il fucile e la cartuccia sono e restano la funzione determinante nel momento esiziale dell’involo, quando quel caratteristico pàpàpà segue a un’elegante ferma del cane.

Le tre classiche tipologie di fucili si dividono le opzioni, ma la doppietta è come l’abito scuro da cerimonia: non ci si  sbaglia e si è perfettamente in sintonia con l’occasione e l’ambiente. I perché tecnici stanno nella compattezza, a parità di lunghezza di canne, rispetto ai semiautomatici, nella bilanciatura e nel piano visivo prodotto dalle due canne affiancate che, a detta dei saggi, conduce meglio l’occhio là dove deve arrivare la fucilata. C’è poi un’altra somma di motivi, tutti squisitamente mentali, che insieme producono quella che si chiama classe, entità che non si acquista, ma si può acquisire, non si sfoggia, ma si possiede, a volte non si fa nemmen caso di averla, ma chi vi frequenta se ne avvede. Ultime notazioni: strozzature fisse, magari cilindrica modificata e 4 stelle, canne corte come le famose XXV di Churchill e se possibile con la stessa bindella rastremata da andare a vedere su uno dei libri del compianto Gianoberto Lupi, due grilletti, impugnatura all’inglese e calciolo finito a legno. Il calibro: vogliamo prenderci un’ulteriore soddisfazione? Sì, e allora scegliamo un calibro 20/70.

La cartuccia: siamo qui a parlare della cartuccia dopo tanto divagare, ma riteniamo che la preda lo meriti. Scegliendo un calibro 20/70 ci poniamo in un leggero stato di inferiorità balistica, quella che si controlla alla placca  e che ci segnala come nell’unità di misura d’area ci siano alcuni pallini in meno di quanto ne conteremmo utilizzando un classico 12/70. Non tutto però è così matematico nel tiro di movimento e la leggerezza del fucile, non comprate quei 20 dal peso sproporzionato, è proprio un errore, favorirà il tempo e la precisione dell’intervento regalandovi un significativo vantaggio spazio temporale agganciando prima e meglio la preda, e maggior facilità nel doppiare il colpo grazie al minor rinculo. La Fiocchi Beccaccia Dispersante che poniamo in evidenza segue l’onda in auge da diverso tempo con una carica di pallini pari a quella tradizionale del calibro 16/70, l’oncia di albionica memoria: troviamo nell’ordine il bossolo giallo con scritte nere e chiusura a pliche termosaldate, il fondello in ottone da 16 mm, innesco anticorrosivo, borra in feltro, separatori nella colonna dei piombi per accelerarne la dispersione, V/0 pari a 405 m/sec, pressione di 920 bar, pallini del 5 / 7 / 9 della numerazione italiana. Intuibile come la velocità garantisca un più facile successo sia nell’attingere il bersaglio, che nell’effetto lesivo. Le confezioni sono da 25 o da 250 cartucce e il prezzo attuale in armeria è intorno ai 10,00 € per la scatola appunto da 25 pezzi. Le tre misure dei pallini consentono poi di insidiare a breve e media distanza, oltre alla beccaccia, le prede dal fagiano all’allodola con tutte le possibilità intermedie perfettamente alla portata del calibro e della carica.

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Munizioni da caccia: la cartuccia 5,6x50R DWM

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Per i tedeschi scendere in campo con le cartucce nella classica misura statunitense del .222, in metrico 5,6 mm, era stato il segnale di un nuovo corso di pensiero giunto una ventina di anni dopo la fine della II GM.

di Emanuele Tabasso

Trascorso un ventennio dalla conclusione della II GM nel 1965 la RWS mostrava la sua 5,6×57, prima tedesca di tale calibro fatta eccezione per la 5,6×61 Vom Hofe del ’37, poco diffusa ad onta delle sue eccezionali prestazioni. Nel 1968 anche la DWM scendeva in campo con una cartuccia simile, non così vigorosa come la concorrente, ma ugualmente degna di attenzione. La dicitura completa era 5,6x50R Magnum dove calibro e suffisso mostravano  quanto il verbo d’oltre Atlantico fosse stato preso in considerazione: la velocità dei piccoli proiettili da 3,48-3,60 g (50-55 gr) e gli effetti terminali indotti erano oramai una chiara realtà, insieme alla precisione intrinseca, alla tensione di traiettoria sulle medie distanze, al bassissimo rinculo e quindi alla possibilità di cameratura in armi leggere. Proprio queste ultime considerazioni si erano affermate come base del progetto che, in maniera inusuale, aveva dato alla luce per prima la cartuccia a bossolo flangiato, adatta ai basculanti come i leggeri kipplauf o i sostanziosi drilling.

La Casa metteva a disposizione degli armaioli una fresa per modificare la camera originaria in .222 Rem., cartuccia che dal suo apparire negli Anni 50 aveva subito fatto proseliti nel tiro e nella caccia, specie alla marmotta. Così all’epoca si era data a simili fucili una voce più prestante che, conservando la precisione intrinseca adeguata al peloso roditore, ampliava il raggio d’azione a capriolo e camoscio entro i 250 m e magari anche un po’ oltre: torniamo a focalizzare il concetto di piazzare la palla al punto giusto, cosa ben fattibile grazie alle doti balistiche e alla facilità con cui si padroneggia l’arma allo sparo. Ricordiamo l’abbattimento sul posto a circa 150 m di un robusto muflone operata da un amico grazie a una ricarica con palla Hornady da 55 gr piazzata perfettamente.

 

Per completare la descrizione di tale cartuccia aggiungiamo che dopo circa un anno venne presentata la versione con bossolo scanalato, adatta alle carabine. Il caricamento di fabbrica delle munizioni RWS prevede la palla Teil Mantel da 3,6 g (55 gr) per cui abbiamo rilevato una V/2 di 975 m/sec con canna da 50 cm e di 985-993 con canna da 63,5 cm. Questi i dati di ricarica e velocità con le due misure:
Canna da 50 cm
Polvere gr                      Palla                                      V/2 in m/sec
I.M.R. 4064 x 28,0 gr     Hornady SP da 55 gr             999-992
I.C.I. R.2 x 27,0 gr          Hornady SP da 55 gr            980
I.M.R. 4064 x 27,7 gr     Speer da 63 gr                       969-972
Canna da 63,5 cm
I.M.R. 4064 x 27,3 gr     Hornady SP da 55 gr             992-994
N/140 x 28,0 gr              Hornady SP da 55 gr             1035
I.C.I. R.2 x 27,5 gr          Hornady SP da 55 gr.            1040-1021-1060
Dati senza nostra responsabilità né garanzia

Come si potrà osservare con la canna da 63,5 cm si sfiorano, nella migliore soluzione velocitaria con 55 gr di palla i 200 kgm di E/2 e si rimane sempre e comunque attorno ai 180 kgm, più che sufficienti a ingaggiare il capriolo e il camoscio a distanza di 200 m e oltre. La palla con un giusto piazzamento ben raramente esce in animali di maggior taglia e la completa cessione dell’energia consente di avere successo anche con queste prede.

Per i basculanti non c’è storia: la versione R a collarino è ideale e provate un po’ a pensare a un Bockdrilling con canna liscia in 20/76, rigata maggiore in 7x75R Vom Hofe o un redivivo 8x65R Brenneke e poi la 5,6x50R DWM per completare.

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Fiocchi GFL 16: la tradizione nella sua forma migliore

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La grande azienda italiana propone cartucce a pallini per ogni necessità, quindi con tutte le innovative sofisticazioni oggi così ricercate, ma c’è pure qualche cacciatore in vena di romantiche certezze sul bel calibro 16.

di Emanuele Tabasso

Un tempo era la consolidata scelta dei cacciatori di lepri e starne, la selvaggina nobile che abitava le nostre colline e a cui un serio emulatore delle gesta di Diana poteva sparare senza tema di svilirsi: parliamo del calibro 16 e quasi ovviamente camerato in una doppietta a canne affiancate, piuttosto leggera, snella e filante con quella seria eleganza, appropriata per l’impiego cui venir dedicata. La differenza con il calibro appena superiore, il 12 certamente, era avvertibile in molti fattori a principiare dal peso del fucile, ponendo in sintonia i parametri di base, dal rinculo al costo delle munizioni dove quei pochi grammi di polvere e di pallini in meno contavano qualcosa che, alla fine di una stagione venatoria, assommavano a un’entità non trascurabile. Erano tempi in cui i ragazzi contadini badavano le bovine al pascolo con un occhio all’abbecedario e l’altro al monticello di terra che si andava formando, segno inequivocabile che sotto c’era la preda: un colpo di zappa dato con destrezza e così catturavano le talpe per venderne poi la pelle.

Non andiamo indietro di secoli, è sufficiente arrivare all’ultimo dopoguerra, né in terre remote e povere perché la nostra esperienza di questi accadimenti si fonda a 15 km da Torino. Sono cose che ripensate oggi muovono a varie considerazioni, alcune paiono bellissime, ma è senz’altro perché ci riportano a un’età infantile dove quasi tutto è vissuto con gioia ed entusiasmo: mettiamo con queste anche la riscoperta del calibro andato per tanti anni in desuetudine e ora ricomparso per strane alchimie della mente, per provare qualcosa di mai provato, per appagare la sensazione di un fucile appena entrato in rastrelliera, sovente un usato di quegli anni cui abbiamo accennato poco sopra. Ultimo, ma non da ultimo, un riacquistato senso della misura nelle cose. Per noi è successo così e oggi una buona doppietta Beretta in tale calibro e del 1956 offre soddisfazioni quando si tratta di compiere un giro in riserva con gli amici fidati. Dovendoci misurare con le starne e disponendo già di cartucce con pallini del 5 e del 6 abbiamo preferito reperire degli 8 e l’armiere, conoscendo un nostro certo modo di pensare, ci ha subito proposto la classicità più totale: Fiocchi del tipo GFL con pallini di tale numerazione.

Quando usiamo calibro inferiori al 12 solitamente curiamo che le grammature di carica stiano nella misura codificata ancora dagli inglesi nei tempi d’oro, ci concediamo delle licenze un po’ fuori serie con il calibro 20 e con il 28, ma con il 16 ci piace proprio quel magico numero 28, l’oncia che ha sempre qualificato la carica di tale cartuccia: questa Fiocchi è proprio così con il bossolo da 70 mm e il fondello da 16 mm tanto che si potrebbe definire, in tempi di cartuccioni ipertrofici, come aurea mediocritas sottinteso che tale appellativo suoni come un vanto e un apprezzamento. La confezione si presenta nelle usuali scatole di cartone da 25 pezzi, in alternativa scatola da 250, con tinta a striature beige e marrone, marchio aziendale, peso della carica ben in evidenza e sigla identificativa della tipologia che campeggia al centro delle indicazioni; sul fondo i dati numerici che abbiamo appena riportato e la confortante scritta Made in Italy; l’indicazione dei pallini è ben leggibile, posta nella finestrella bianca sulla sinistra del coperchio.

Descrivere le cartucce della Fiocchi è un po’ come stendere l’esegesi del pane fresco: l’azienda ci ha abituati bene e anche qui ogni particolare è perfetto, come l’ottone del bossolo senza difformità di aspetto, il collarino uniforme, l’innesco del tipo SUR 616 perfettamente inserito nella tasca, il tubo in plastica rossa anch’esso ben formato così come le pliche della chiusura termosaldata. Le scritte sono ben visibili, soprattutto quella riferita alla numerazione dei pallini, fatto che i meno giovani apprezzano perché non sempre la luce è ottimale e la vista pure. I dati riportati dalla Casa indicano in 395 m/sec la velocità alla volata e in 650 Bar la pressione; sono disponibili pallini dal 4 al 9 (numerazione italiana). Nelle indicazioni venatorie per i pallini del n. 8 si osservano i seguenti selvatici: tortora, beccaccia, beccaccino, gallinella, quaglia e coniglio, cui aggiungiamo noi anche starne e rosse, ovviamente sotto ferma del cane e predisponendo in seconda canna un 7 o un 6.

Nonostante la buona velocità impressa alla colonna dei piombi il rinculo non si fa sentire anche con un fucile più leggero degli ortodossi 2,8 kg, quindi all’occorrenza si è pronti a un doppiaggio rapido e serrato. Nulla di più da aggiungere: chi già dispone di un buon calibro 16 potrà provare subito queste cariche facilmente reperibili e, se non si dispone di un fucile in tale calibro, si può fare un pensierino per andarne a cercare uno sia sul nuovo, diversi fabbricanti lo ripropongono, sia sul ricco mercato dell’usato. In bocca al lupo!

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Cartuccia da caccia 7 mm Rem. Mag.

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Munizioni da caccia. Poche cartucce commerciali nate nel secondo dopoguerra hanno avuto così ampi consensi che si incrementano, e qui sta il bello, con il procedere degli anni per cui chi caccia in montagna o in ampi spazi individua in questa splendida carica la risposta a diversi interrogativi.

di Emanuele Tabasso

Discettare sulla cartuccia 7 Rem. Mag. ci vede un poco timorosi perché, ben conoscendo la nostra predilezione, non vogliamo apparire agiografi di quel che ci piace in maniera particolare. Il primo incontro sulla carta risale alla fine degli Anni 60 quando il non dimenticato Giuseppe Gatto ne stilò la presentazione su Diana Armi: la nuova realizzazione di Remington aveva da poco conosciuto la ribalta dei terreni di caccia e l’estensore delle note l’aveva provata nella sua nuova Sako Finnbear, dotata di un vistoso rialzo posto sul dorso della calciatura, così da lucrare un postura eccellente per l’occhio.

La nuova 7 mm, misura aurea dei proiettili da carabina, si appaiava nei confronti di molte altre cartucce: alcune, pur eccellenti, rimaste allo stadio di progetto o di wildcat come usano dire gli statunitensi, cioè di giocattolo riservato a chi lo aveva studiato, senza trovare un’adozione che consentisse di sfondare sul mercato. Altre cartucce per contro avevano una storia da raccontare come le tedesche 7×64 di Brenneke e 7×66 VHSE, versione tuttora in auge della precedente 7×73 VHSE di ridottissima commercializzazione come la .280 Halger, oppure le americane .270 Win. o .270 e 7 mm di Weatherby, senza contare le non troppo diffuse, ma assai valide come la 7×61 Sharpe & Hart o la .280 Ross e ancora la .275 H. & H. che, nata verso il 1912 aveva già illustrato le magnifiche prestazioni di una 7 mm ad alta intensità. Sicuramente il grosso pubblico non era allora pronto a recepire il nuovo verbo e i tempi vedevano aprirsi scenari dove ancora il .30-06 Sprg. insieme all’8×57 IS, al 6,5×52 Carcano, al .303 British, al 7,62x54R tenevano banco con ben differenti e tragici utilizzi. E’ solo con lo spazio temporale aperto fra le due guerre che ci si dedica a fondo alla cartuccia dotata delle caratteristiche vantaggiose per le cacce future. Il concetto informatore poneva in lista diversi parametri e il primo collideva con lo stabile assetto mentale dell’americano medio per cui un calibro .30 è quel che ci vuole in ogni situazione: si passa infatti ai 7 mm sfruttando proprio gli studi che negli anni precedenti hanno posto in essere quelle cariche destinate a un specifico ambito, il tiro a lunga distanza su selvatici che vivono in spazi aperti dove l’avvicinamento, a volte, è quasi impossibile. Questa è la seconda motivazione con la terza appena seguente: il costo non dev’essere elevato così da irradiare verso un massimo numero di utilizzatori questo prodotto, calando ulteriormente i costi e aumentando le probabilità di vendita. Il quarto punto vede in gioco la balistica: precisione, costanza e varietà di pesi di palla sono  parametri irrinunciabili.

Il bossolo cinturato è sempre una derivazione delle splendide .275 e .300 di Holland & Holland, ovviamente con gli adattamenti che gli studi più recenti di balistica interna e le nuove polveri hanno consigliato. Vediamo così il fondello caratteristico con la cintura, poi il corpo leggermente rastremato con un angolo di spalla pari a 25° e colletto di 6.9 mm su una lunghezza totale di 63,5 mm. I prodromi formali ci sono tutti e dicono di una cartuccia spinta, ma non esasperata, in grado di padroneggiare con autorevolezza proiettili tra i 120 e i 150 gr lanciandoli a velocità molto sostenute, con quella magnifica precisione che diventa una delle caratteristiche salienti e privilegiate, con la costanza che vede variare di pochissimo le prestazioni fra estate e inverno, e il costo che, salvo  le ultime impennate di cui ringraziamo molto gli investitori sulle materie prime, si è sempre mantenuto in livelli molto abbordabili per quel che si compra. A maggior gloria di questa carica, osserviamo ancora come si possa adeguatamente farle digerire pesi di palla dilatati fra i predetti 120 gr e i 175 gr, ovviamente in quest’ultimo caso con riduzione della V/0 e della radenza, ma sempre raggiungendo picchi notevoli: l’ambizione del tiratore cacciatore nordamericano di far del plinking, del varmint o piuttosto impiegare lo stesso fucile per l’alce o l’orso è così soddisfatta. Purtroppo, si fa per dire, manca quella caratteristica sempre assai gradita agli appassionati a stelle e strisce rappresentata dai surplus militari: questa cartuccia non è mai stata impiegata dall’esercito quindi i benefici monetari godibili dalla messa in commercio dei lotti che hanno superato la data di scadenza non c’è. Pazienza diremo tutti, confortati da quanto comunque si può lucrare in ambito di ricarica. Senza voler dare dosi e consigli, segnaliamo di aver ottenuto i migliori risultati con polveri progressive come la Norma MRP e palle da 140 gr dal rilevante coefficiente balistico, come la Nosler Ballistic Tip o la Sierra Game King; per gli stessi tipi di proiettili, ma con peso di 120 gr, funziona bene la Norma 204 mentre con le Hornady A-Max da 162 gr, ottime per la lunghissima distanza, funziona la N/560 oppure la N/165. Tutte le Case producono questa cartuccia su differenti tipi di palla: avendone provate diverse dobbiamo esternare l’oramai endemica elevata quotazione, ma nel contempo rallegrarci per i risultati che si ottengono in V/0 e precisione, davvero encomiabili su tutti i fronti.

Nel corso di parecchi anni abbiamo avuto modo di provare questa cartuccia su svariati fucili e tutti si sono mostrati all’altezza della situazione: una breve cernita mentale ci fa ricordare come per primo sia apparso, oramai quarant’anni fa, un Ruger N.1 seguito poco dopo da un Sauer Mod. 80, poi un Mod. 90 che predilige le palle da 120 gr, ancora un Mauser Mod. 94, poco conosciuto e poco diffuso, ma con ottimi risultati anche sul bersaglio posto a 500 m, Remington 700, Merkel Helix, Blaser R93 e da ultimo un Rössler T6 tutti accomunati da prestazioni eccellenti per un’arma da caccia. Per sfruttare a fondo le possibilità è necessaria la canna con il caratteristico passo di 1/9,5” e lunghezza da 66 cm, fattore oggi non così usato quando si privilegia la maneggevolezza: che cosa cambi nella portabilità avere 5 cm in meno di canna ancora non ci è ben chiaro, ma se così piace così sia. Sta di fatto che si fa in fretta a ridurre le prestazioni a quelle di una cartuccia non magnum e quindi diventa inutile l’adozione di quel qualcosa in più che, a volte, fa la differenza. Leggere sul cronografo certe velocità, senza che nulla si ponga in situazione critica, è sempre una bella soddisfazione e l’esito sul bersaglio o sul selvatico non fa che avvalorare la convinzione che la letalità sia legata alla cessione di energia (tanta davvero) e allo shock idrodinamico. Il tutto passa attraverso il piazzamento della palla e la sua tipologia. Quelle che abbiamo indicato hanno soddisfatto particolarmente gli amici che le impiegano e noi stessi: d’accordo che a volte ci sia un paio di kg di ottima carne da lasciare alle volpi, ma continuiamo a preferire tale teoria e tale pratica con selvatici spenti sul posto, piuttosto che quella secondo cui va bene la passata, il sanguinamento e l’impiego del cane da traccia. Fossimo il selvatico voteremmo senza esito per la prima opzione.

Sulla radenza di traiettoria spendiamo qualche parola: era allora il fattore preminente per la caccia in montagna quando i telemetri erano…solo il Wild, di precisione approssimata, e i misuratori degli angoli di sito ancora di là da venire così come le torrette balistiche e il seguito fatto di optoelettronica. Tarando l’arma a 210 m si aveva un alzo massimo intorno ai 140 m pari a 4 cm e una caduta a 300 di circa 15 cm con palle da 140 gr come quelle sopracitate; con il cannocchiale a 6x, solo qualche spirito innovatore aveva già un Weaver 12x, e con gli occhi giovanili si lavorava bene fino ai 350 m, sfruttando angolo di sito, quota e radenza potendo mirare sempre dentro alla sagoma del camoscio. Sul cervo maschio sappiamo di cose egregie con crollo immediato anche poco sopra i 500 m agli ultimi momenti di luce dell’ultimo giorno di caccia. Per concludere diremo che la 7 Rem. Mag. è cartuccia polivalente per tutta la nostra selvaggina in ogni ambito essa sia, per quella del continente nordamericano, per una parte discreta di quella africana dove antilopi a pelle tenera, anche di buon peso, sono alla sua portata. La diffusione dei telemetri sopra citati spinge qualcuno a calibri di minor energia e radenza: per noi l’abbinamento fra i due elementi, sempre che non si paventi il rinculo, nemmeno poi così marcato, rappresenta una soluzione tuttora ottimale.

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Munizioni Canna rigata. La cartuccia .264 Win. Mag.

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Munizioni caccia
L’alveare in plastica con le venti cartucce protegge bene l’ogiva morbida dei proiettili

La nostra personale conoscenza della .264 Win. Mag. risale al ’64 quando si trattava di decidere il calibro della Mannlicher Schönauer, all’epoca la carabina per chi ambisse cacciare il camoscio.

Ambizioni ne avevamo tante, capacità pressoché nulle e tanta fiducia nell’armiere che pilotava le nostre prime esperienze. Due i calibri presi in esame, e ancor oggi ci domandiamo come mai il terzo non fosse comparso in scena: ecco le due possibilità con la super classica .270 Win. affiancata proprio dalla .264 Win. Mag. mentre era latitante quello che conoscemmo appresso come lo specifico europeo per la caccia in montagna, il 6,5×68 Schuler.

munizioni caccia canna rigata
Una pratica comparazione visiva tra cartucce attuali e meno attuali: da sinistra si osservano la .243 Win., la .25-06 Rem., la .264 Win. Mag., la .270 Win., la 7 Rem. Mag. e la splendida linea (unita alle prestazioni) della .300 H. & H.
carucce e munizioni carabine da caccia
I fondelli delle cartucce sopra citate con le relative diciture del calibro

Probabilmente quest’ultimo non rientrava nelle simpatie o nelle disponibilità del venditore, ma ugualmente il suo contraltare statunitense da 6,5 mm non veniva visto bene: chissà che questa decisa cartuccia non fosse considerata troppo spinta per un neofita a cui venne posta come panacea e solutrice dei problemi venatori l’allora pimpante quarantenne di fama e diffusione più che cospicue.

Ma la 6,5 d’oltre Atlantico continuò a ronzarci per la testa man mano che si diffondevano le letture armiere e, con una punta di rammarico, considerammo perduta una buona occasione specie quando, oramai trascorso più di un ventennio, entrammo in simpatia con un medico, cacciatore di montagna a palla e a pallini, che con una Winchester 70 in tale calibro aveva collezionato un’impressionante serie di camosci.

Iniziammo così a palleggiare le specifiche caratteristiche dei due pari calibro apprendendo come la tedesca fosse altamente specifica per il camoscio con la palla da 6 g spinta a velocità ancor oggi fenomenale e come l’antagonista fosse pensata diversamente per l’impiego sulle antilopi dei territori d’origine, ben più sostanziose della nostra rupicapra e parimenti da ingaggiare a distanze considerevoli.

La carica, la gola di ingresso alla rigatura e il passo di quest’ultima erano quindi studiati per spingere palle pesanti, dotate di prestante energia e forte penetrazione anche ai 300 m e oltre. Tant’è che il proiettile di elezione era da 140 gr contro i 96 gr della tedesca, dotato inoltre di una struttura robusta e con camiciatura spessa. Erano previsti anche pesi inferiori a partire dai 100 gr e proprio questi innescarono il processo di calo di gradimento presso i nostri cacciatori.

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La cartuccia 6XC Norma

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Cartuccia per carabina Norma 6XC
Cartuccia Norma 6XC

Abbiamo avuto una prima presa di contatto con questa recente cartuccia da tiro in occasione dell’IWA 2013, presso lo stabilimento della RUAG a Fürth: la cameratura in un modello 202 della Sauer, allestito con la calciatura Synchro da tiro, aveva messo la classica pulce nell’orecchio. Oggi gli studi di cartucce da 6 mm ben bilanciate e non ipertrofiche stanno prendendo piede e i fucili in cui impiegarle vanno dai modelli da caccia a quelli specializzati per il tiro accademico. Ripercorriamo la genesi di questa ennesima proposta della Norma osservando come la Casa svedese produca tale cartuccia nella linea Diamond, appositamente progettata per il tiro.

Secondo un metodo molto serio la Casa ha riservato a questo prodotto una prima vita operativa nelle mani di tiratori al vertice delle classifiche mondiali: già nel 2007 campioni come David Tubb della NRA statunitense e Johann Gustavsson in Europa hanno mietuto allori, in particolare quest’ultimo ha piazzato la stoccata vincente di 600/600 nei 300 m a terra durante la Coppa Europa UIT a Tolmezzo. Continuano i successi e nello stesso anno la squadra svedese fa punteggio pieno agli Europei  di Granada: la carica messa a punto dalla Norma vede una palla Berger da 6,8 g (105 gr) spinta a una V/0 di 920 m/sec, elementi quindi adeguati per contrastare il vento riducendo nel contempo il tempo di volo.

La genesi della 6XC

Una bella chiacchierata con l’amico Mario Bencini della Bignami di Ora (BZ) ci ha reso edotti su quello che pare esser stata l’incubazione e poi la nascita della cartuccia: i prodromi, per usare una parola importante, sono di tutto rispetto se pensiamo che la genealogia risalirebbe addirittura alla .22-250 Rem. una fra le .22 ad altissime prestazioni dotata di costanza e precisione intrinseca ai massimi livelli in tale ambito di calibri. L’altro genitore è un mostro sacro del tiro: il 6 BR Norma non necessita di presentazioni tali e tante sono state e sono  le sue qualità mostrate per ogni dove.

Munizioni e cartucce per carabine da caccia Norma 6XC
Emblematica l’immagine riprodotta sulla scatola delle cartucce originali Norma Diamond 6XC: il richiamo alla funzione primaria del tiro è assai esplicita.

E’ proprio quest’ultima misura a coagulare i pensieri per ottenere una cartuccia con la capacità di spingere una palla da 6 mm con un peso normale di 105-107 gr e la possibilità di salire anche a 115 gr, in funzione dell’ambiente in cui si opera, usufruendo di una pregevole densità sezionale. Il bossolo riprende quello del .243 Win. accorciato a 48 mm con tutte le valenze conosciute (si veda la genesi del 6 mm dal progenitore militare 7,62 mm Nato, diventato in veste civile il .308 Win.) implementate dagli studi a suo tempo condotti da Lou Palmisano e Ferrys Pindell con la loro 6 PPC su dimensioni e volumetria della camera a polvere, compatta e resistente a pressioni piuttosto elevate, garanti di rapidità e costanza di combustione, quindi di uniforme spinta sul proiettile. Insomma il mondo del Bench Rest appare qui in tutta la sua valenza di ricerca della perfezione. SEGUE

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Blaser R8 in 6 XC Norma e Leica Magnus 1,8-12×50

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Carabina Blaser R8
Blaser R8 – Il manubrio è nella posizione di apertura, il carrello è retratto e la batteria è stata armata scoprendo il bollino rosso. Si notano le tre piccole viti Torx che fissano la slitta di scorrimento al carrello.

Abbiamo avuto modo di provare in diverse riprese la carabina Blaser R8 camerata per la cartuccia da tiro 6 XC messa a punto dalla Norma, abbinando il nuovo cannocchiale Leica Magnus 1,8-12×50: un insieme dove le ben conosciute prerogative dell’arma si sommano a quelle di equilibrio e precisione di una cartuccia nota ai tiratori e in procinto di diffondersi anche fra i cacciatori, terminando con l’ennesimo prodotto della Leica inseritasi nel settore ottiche da puntamento per mostrare, se mai ce ne fosse bisogno, il livello delle sue lenti insieme alla determinazione di realizzare una meccanica all’altezza delle aspettative di un pubblico conoscitore e smaliziato.

La meccanica della carabina Blaser è fondata su un leggero castello aperto incassato nella calciatura, qui di una noce bionda di accattivante bellezza per venature, linee eleganti e funzionali, tiratura a olio ineccepibile. Al castello è appoggiata la canna fissata alla calciatura tramite due viti Torx che si impegnano in altrettanti pilierini, internamente filettati, ricavati dal massello di culatta: il risultato è una canna flottante e sostituibile con altre dello stesso gruppo di calibri. Sulle guide interne con profilo a V scorre l’otturatore composto da diversi particolari uniti fra loro con giochi a incastro o con altre piccole viti Torx: partendo dal fondo osserviamo la calotta in lamierino, sagomata per contenere il meccanismo di apertura e chiusura comandato da un manubrio inserito ortogonalmente, con nocca tonda e movimento pendolare di pochi gradi.

L’otturatore è composto dalla testina cilindrica con faccia incavata, espulsore a nottolino e robusta unghia prismatica di estrazione con molla a filo di ottima affidabilità, pur mancando l’estrazione primaria; dietro si trova un corpo a cilindro composto da dodici lamine elastiche, provviste all’apice anteriore di un dentino a risalto: il movimento pendolare del manubrio fa avanzare un cono interno e la relativa espansione delle lamine manda tutti i risalti entro una corona circolare fresata nella culatta della canna, attuando così tenuta e chiusura.

Armamento carabina Blaser R8
Blaser R8 – Otturatore aperto: in evidenza da sx la corona di lamine elastiche con i denti di chiusura, la testa con faccia profondamente incassata e il nottolino dell’espulsore, la massiccia unghia di estrazione con la molla a filo di registro. Vantaggiosa la posizione della cartuccia quasi parallela alla camera.

L’armamento separato della batteria è demandato a una slitta posta sul codolo di culatta: spingendo il cursore in avanti si arma la molla cinetica scoprendo un bollo rosso che avverte della situazione. Occorre prestare attenzione alla prerogative: sparando e ricamerando una nuova cartuccia la batteria resta armata permettendo il prosieguo dei tiri mentre, volendo rimandare lo sparo, la si disarma premendo un po’ in avanti il tasto che poi retrocede occludendo il bollo rosso: far mente locale su tale situazione è decisivo per la sicurezza. L’otturatore a batteria disarmata rimane bloccato evitando apertura inopinate: lo si svincola premendo il solito tasto per un paio di mm. In funzione di tali fattori lo sgancio può esser mantenuto leggero sui 730 g e davvero funziona bene in ogni situazione.

Stante la meccanica di quest’arma il caricatore in polimero, con disposizione circolare delle cartucce, ha dovuto racchiudere anche il dispositivo di scatto per cui, sbloccate le due lamine laterali, si preleva tutto il complesso, guardia, ponticello, grilletto e punta di spinta compresi. La canna da 58 cm e volata da 17 mm consente, grazie a dimensioni e lavorazione di rigatura rotomartellata, una favorevole precisione per esaltare la cartuccia 6XC creata dalla Norma circa sette anni e distribuita a tiratori di caratura internazionale che hanno vinto una serie notevole di gare. Lo studio vede un bossolo più corto di 3,35 mm rispetto al .243 Win. con possibilità di resistenza a pressioni elevate, quelle che garantiscono la migliore e più regolare combustione della polvere assicurando alla palla da 6,8 g (105 gr) una V/0 di 920 m/sec con una costanza eccellente e una bella resistenza al vento laterale.

Carabina da caccia Blaser R8 ottica Leica Magnus
Sullo sfondo del poligono di Carrù (CN) si staglia la linea compatta dell’abbinamento fra la carabina Blaser R8 e l’ottica Leica Magnus 1,8-12×50.

Le rosate sono indicative delle possibilità dove anche l’ottica Leica Magnus rivela la sua adattabilità a ogni tipo di caccia con un’escursione di ingrandimenti da 1,8 a 12x, l’obiettivo da 50 mm per una forte luminosità, e poi le torrette con alzo graduato e una regolarità di intervento encomiabile; inoltre l’ottica vanta la miglior compattezza e la più ampia pupilla di uscita della categoria con evidente vantaggio nel porto, nella maneggevolezza e nell’acquisizione del bersaglio. Un insieme di eccellenze che a caccia come in poligono consente sicure soddisfazioni.

Scheda tecnica

Costruttore:  Blaser Jagdwaffen GmbH, Ziegelstadel 1 – D 88316 Isny – info@blaser.dewww.blaser.de

Distributore: Jawag – 39020 Marlengo (BZ) – Tel. 0473 221 722 – – www.jawag.it

Modello: R8

Tipo: carabina a otturatore con movimento in linea a ripetizione ordinaria

Castello: in lega leggera supporta sistema di scatto e alimentazione

Otturatore: a espansione con dodici punti di aggancio direttamente alla canna

Canna: in acciaio al carbonio – cilindrica del tipo standard da 17 mm lunghezza 65 cm  Sostituzioni: canna e testina otturatore sono sostituibili entro gruppi omogenei di calibri

Percussione: percussore coassiale nell’otturatore con molla elicoidale

Alimentazione: caricatore mobile da 3+1 cartucce

Congegno di scatto: azione diretta con grilletto singolo – armamento comandato da tasto esterno

Estrattore: a unghia con molla a filo esterna – movimento ortogonale

Espulsore: con bottone elastico nella testa dell’otturatore

Mire esterne: tacca e mirino regolabili – 4 unghiature sul castello con base specifica a sgancio rapido

Sicurezza: affidata al tasto di armamento e disarmo

Calciatura: in pezzo unico di legno di noce – impugnatura a pistola – calciolo in gomma

Finiture: brunitura semiopaca delle parti metalliche

Peso: 3.200 g circa senz’ottica

Calibro: 6 XC Norma (altri a richiesta)

Ottica: Leica Magnus 1,8-12×50 con torretta graduata e bloccabile

Importatore e distributore: Forest Italia – San Giovanni Lupatoto (VR)

L’autore ringrazia il Sig. Giorgio Rosso del poligono di Carrù (CN) per la squisita cortesia e la disponibilità nel corso delle prove.

L'articolo Blaser R8 in 6 XC Norma e Leica Magnus 1,8-12×50 sembra essere il primo su Caccia Passione.

Cartuccia 7x65R con palla Blaser CDP

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munizioni cartucce Blaser calibro 7x65R
La scatola delle cartucce Blaser riporta con una serie di immagini la progressiva deformazione del proiettile CDP.

La dipendenza psicologica dalle proposte commerciali statunitensi ha imperversato per alcuni decenni durante i quali i calibri tedeschi hanno segnato il passo: poi si è tornati a dare ad ognuno quel che compete secondo valutazioni obiettive e quel pizzico di preferenza che non è apologia, né resa supina a una provenienza. Conoscere, valutare, provare è sempre il miglior sistema per arrivare al meglio, soddisfacendo così le esigenze senza preconcetti. La storia di questa cartuccia tedesca rientra appieno in tali considerazioni: messa in ombra dalla radenza del .270 Win. e in seguito dal complesso di eccellenti qualità del 7 Rem. Mag., la creatura di Wilhelm Brenneke si è presa la rivincita ritornando a camerare parecchie carabine, ma è soprattutto la versione con il collarino a spiazzare le concorrenti sprovviste di tale particolare. La progressiva riduzione del numero dei drilling e un certo mantenimento dei billing fanno da piedistallo all’espansione oramai endemica del kipplauf servito nelle diverse versioni, soprattutto con il sistema di chiusura Jäger, abbordabile (si fa per dire) nel prezzo e di buona riuscita nella precisione. Questa arzilla centenaria è davvero polivalente con il suo passo di rigatura, solitamente di 1/8,5 atto a stabilizzare palle con pesi molto spaziati per cui si avranno dai 7,5 g fino agli 11,7 g capaci di privilegiare la radenza o un cospicuo mantenimento di energia fino alla distanza di 500 m. Questo non deve suonare come un invito a maramaldeggiare: di sicuro entro i 300 m si fermano senza problemi anche i maschi di cervo.

La scelta del proiettile dev’essere attenta e oculata, così come il piazzamento del medesimo nell’area vitale del selvatico: la Blaser ha messo a punto le sue cariche, che fa realizzare dalla RWS, studiando in particolare la palla che ha denominato Swiss Jagt CDP® come Controlled Deformation Process. Le immagini di un proiettile integro e di uno in cui si attua la deformazione vengono riportate sulla scatola e così notiamo la struttura formata dalla mantellatura in lega di rame con punta aperta e segmento mediano foggiato a V fra i due nuclei interni. La deformazione inizia all’ingresso del proiettile nel corpo del selvatico e qui la piccola sezione scoperta del nucleo anteriore forza radialmente contro la camiciatura da cui iniziano a formarsi quattro riccioli retroflessi il cui diametro aumenta sempre più incontrando resistenza. La sezione retta che si crea è assai più ampia dell’originale, oltretutto con bordi taglienti, creando un tramite lesivo di maggiore efficacia. La struttura interna è sostenuta dal segmento a V mantenendo concentricità della massa durante il passaggio nella canna e quindi migliorando la stabilizzazione e, di conseguenza, la precisione; inoltre il nucleo posteriore indurito è circondato da uno spessore di mantello adeguato a conservare il totale ritegno della massa, quindi peso e dimensione, spingendo l’insieme del proiettile per una maggior penetrazione.

cartucce da caccia Blaser calibro 7x65R
Una cartuccera pratica ed elegante rappresenta il giusto contenitore di queste cariche, pronte per una partita di caccia

I dati balistici riportati dal fabbricante per la palla da 10,0 g (154 gr) indicano una velocità alla volata pari a 860 m/sec e una GEE (distanza di taratura ottimale) a 176 m con cui si ha la freccia massima di 4 cm a 100 m con caduta di 3,1 cm a 200 e di 30,0 a 300 m; l’energia è sempre il punto di forza di questa cartuccia con 3311 J iniziali, 3030 a 100 m, 2523 a 200 e ancora 2086 a 300, quindi adeguati anche al maschio di cervo. La struttura di questa palla ricorda per certi particolari, come il separatore interno, la TIG sempre di Brenneke da cui si differenzia soprattutto per la deformazione a petali arricciati. Il nuovo allestimento di Blaser aggiunge un’opportunità a quelle già sperimentate e, già da quanto si percepisce dalla spiegazione e dai dati tecnici, i risultati favorevoli appaiono a portata di mano.

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Baschieri & Pellagri: cartuccia Sporting & Compak Long Range in 12/70

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Baschieri & Pellagri: cartuccia Sporting & Compak Long Range in 12/70

Baschieri & Pellagri – Il periodo primaverile mantiene ancora vivacità venatoria nella mente degli adepti del verbo di Diana, ma non si è mai sotto la spinta energica e sostanziosa del tempo autunnale per cui molti si dedicano alla pedana. Parecchi anni addietro mettersi lì al cospetto di amici o, peggio, di sconosciuti per esibire le poche capacità di rompere quei veloci piattelli era vista come una pena fastidiosa, dove il timore di non prenderci superava di gran lunga il piacere di sparare qualche fucilata. Poi fortunatamente le cose sono cambiate, per una volta in meglio, e si sono affinate in un crescendo apprezzabile le capacità dei tiratori, la funzionalità delle armi, la resa delle cartucce. Passati i tempi in cui queste erano le occasioni per finire quel che era rimasto in cartucciera al termine della stagione, con dei 4 e dei 2 da lepre gettati malamente alla rincorsa di un piattello: oggi le cose sono condotte con cognizione e maestria e lo si deve in particolare proprio ai fabbricanti di fucili con proposte specifiche e finalizzate alla specialità dello Sporting, quella che più si avvicina al tiro di caccia e che quindi raccoglie un forte numero di appassionati.

La disponibilità di molti campi di tiro, il dilatarsi delle presenze e quindi la valenza sociale di trovarsi con i propri simili a cui esporre certezze, dubbi e ipotesi sulla comune passione, ha funzionato da coagulante per un numero di praticanti in continua crescita. Le cartucce non son più gli avanzi perché lo spirito competitivo, una certa disponibilità alla spesa, l’oculatezza della proposta delle Case e di una fitta schiera di armieri ben informati e che sovente stanno in pedana gomito a gomito con i propri clienti ha creato la magia di uno sport dove la componente agonistica non appanna il divertimento che è e deve rimanere la spinta principale di tutta la faccenda.

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I pallini contenuti nella cartuccia Baschieri & Pellagri Sporting & Compak Long Range in 12/70

Baschieri & Pellagri è produttore troppo noto per star qui a tesserne gli elogi, è una delle diverse Case italiane vanto del settore con quelle specifiche tecniche che, a fine giornata, hanno consentito di rompere quel piattello in più e quindi di rientrare sereni e felici alla vita familiare o, in certe occasioni, di salire su uno di quei tre gradini tanto ambiti dagli agonisti.
Il prodotto che oggi proponiamo è decisamente specifico, proprio perché riteniamo che la specializzazione sia a fondamento di una buona e gratificante riuscita: ecco dunque la cartuccia Sporting & Compak Long Range in calibro 12 con bossolo da 70 mm e fondello da 12 mm, caricata con la polvere lamellare G2000 e 28 g di pallini in Pb temperato nero del 7½, orlatura a stella termosaldata e borra a bicchierino tipo PC con intagli di apertura e la pregevole caratteristica d’essere fotodegradabile, peculiarità assai apprezzabile per evitare buona parte del lavoro di recupero.

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Il borraggio della cartuccia Baschieri & Pellagri Sporting & Compak Long Range in 12/70

La polvere impiegata e soprattutto il famoso bossolo Gordon System con buscione interno dal particolare profilo, stemperano l’effetto del rinculo consentendo al tiratore sessioni di tiro prolungate con il minimo affaticamento. I dati balistici evidenziano una V/0 con canna full di circa 405 m/sec e una pressione di 630 bar. La cartuccia viene proposta al pubblico in confezioni di un accattivante colore rosso: soliti i contenuti da 25 pezzi o, per maggiore praticità, da 250.

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La polvere utilizzata nelle munizioni Baschieri & Pellagri Sporting & Compak Long Range in 12/70

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La cartuccia .30-06 Sprg. caricata dalla Fiocchi

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Sierra MatchKing da 168 grs
Sulle due pattine laterali della scatola appaiono in nitida ed evidente grafia i dati del proiettile Sierra MatchKing da 168 grs

Cartuccia .30-06 Sprg. – L’allestimento di fucili per il tiro a lunga distanza è diventato un settore interessante per molti costruttori che si cimentano con azioni corte, canne lunghe e di diametro sostanzioso per raggiungere precisione e giustezza di rosate a metrature inusuali. Una delle componenti favorevoli è l’adozione di una cartuccia di cui sia ben nota la precisione intrinseca, solitamente dotata di bossolo di media lunghezza: il .308 Win. e il 6,5×55 Mauser svedese raccolgono la parte maggioritaria delle preferenze per un uso molto elastico che prevede anche l’impiego venatorio, mentre il 6,5×47 Lapua o il 6 XC Norma sono versioni ancor più sofisticate e molto specialistiche. Tutto questo preambolo per dire come la Remington abbia sentito un’onda anomala nel pensiero dei tiratori e con essa la necessità di allestire un Mod. 700 con castello lungo per un poker di cartucce fra cui spicca nientemeno che il .30-06 Sprg. La messa a disposizione di un tale fucile ci ha indotto a prove con diverse cariche e una di queste si è particolarmente distinta nella costanza e nella precisione sulla base ridotta, ma pur sempre probante, dei 200 m: parliamo della cartuccia Fiocchi che illustriamo qui di seguito.

La presentazione

La scatola di cartone rigido verde scuro con sottili righe grigie verticali viene ravvivata dalla banda laterale rossa su cui spicca il marchio GFL; le scritte indicano la categoria Extrema® Rifle Hunting quindi una carica di livello accurato e specifica per la caccia, caricata con la palla Sierra® MatchKing che, se proprio si vuol sottilizzare, sarebbe adatta al tiro di competizione, ma che da prove esperite in molte occasioni si è dimostrata validissima anche per la caccia, specie sul camoscio e sul capriolo, ovviamente in calibri adatti come il .243 Win. ad esempio. Sulle due alette di chiusura laterali e sempre nella fascia rossa caratteristica, è riportato il calibro e poi sotto, in grafia ben grossa, il peso della palla, qui pari a 168 grs e ancora la dicitura M: King. Un plauso a questi caratteri che spiccano decisamente sul colore di fondo e si fanno leggere pure dagli scaffali di armeria anche da chi ha problemi di vista. All’interno si trova l’alveare in plastica rossa che trattiene le cariche, senza farle scivolare se per caso si è aperta la scatola al contrario, e ugualmente non oppone una resistenza fastidiosa quando le si preleva. Piccoli particolari che denotano attenzione per il lavoro ben fatto.

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L’alveare in plastica rossa trattiene correttamente le cartucce senza opporre poi eccessiva resistenza al loro sfilamento

L’inizio della produzione della cartucce Fiocchi da arma lunga rigata ha seguito una strada che si è rivelata molto saggia: si affida agli stabilimenti maggiormente versati in ogni rosa di calibri l’allestimento delle cartucce, queste ad esempio sono assemblate nello stabilimento Fiocchi di Fremont, nel Montana (USA), scegliendo sempre la componentistica più adeguata solitamente di propria produzione o con l’adozione di proiettili specifici, già notissimi sul mercato, come questo Match King della Sierra® che non ha certo bisogno di presentazioni. Una politica che raggiunge gli obiettivi di resa garantita e mantenimento di costi accessibili: infatti la confezione che abbiamo prelevato presso la Nuova Armeria del Centro di Alessandria era prezzata, ai primi di novembre 2015, a 32,00 €, fattore che la pone in vantaggio rispetto a molte altre concorrenti. 

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La cartuccia sulla suola elevatrice pronta per essere infilata in camera

Sul bancone di tiro

 

L’amico Carlo ci dà come sempre una bella mano per le prove di tiro e qui spariamo un colpo di verifica a 50 m riscontrando come la messa a punto di Renato, contitolare dell’armeria, con l’apposito apparecchio per la taratura in bianco sia praticamente a posto. Due colpi a 100 m per un’ulteriore controllo e poi si passa ai 200 m dove queste Fiocchi si distinguono: osserviamo innanzitutto l’ottone dei bossoli di qualità e trattamento di classe elevata, non si riscontrano ammaccature o sbavature al colletto, nitida la sede dell’innesco posizionato sempre a perfezione. I proiettili sono una garanzia e, senza dilungarci su di loro, ci apprestiamo finalmente al tiro.

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Il Remington 700 Long Range camerato per la cartuccia .30-06 Sprg con cui sono state condotte le prove della carica Fiocchi

Lo stivaggio nel caricatore fisso avviene senza intoppi così come la cameratura, sia appunto dal caricatore, che diretta con le dita; la chiusura dell’otturatore richiede uno sforzo minimo e sempre uguale segno che le misure sono corrette e costanti. La reazione allo sparo è mitigata dal notevole peso dell’arma e da quello medioleggero della palla, ma risulta comunque apprezzabile la mancanza di quella sensazione di rinculo accentuata, presente in molti altri caricamenti di questo calibro. I bossoli di risulta presentano l’annerimento basso e regolare del colletto, l’innesco con la traccia costante del percussore e la spianatura normale, segni questi di pressioni entro i giusti valori e di un’apprezzabile elasticità dell’ottone, fatto che non mancherà di suscitare l’attenzione dei ricaricatori.

In definitiva queste Fiocchi sono molto apprezzabili, ripetiamo anche nella quotazione, e le prestazioni sono del tutto adeguate alle aspettative del cacciatore come di quelle del tiratore di poligono.

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La cartuccia .338 Federal. Munizione da caccia a vessillo stelle e strisce..

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L’inquadratura classica della confezione con le due cartucce di immagine

In una delle ultime visite presso la Bignami di Ora (BZ) abbiamo osservato una cartuccia da noi poco nota anche se presentata nel 2006 dopo uno studio operato dalla Casa statunitense di munizioni insieme alla Sako finlandese, facente parte della Beretta Holding. E’ una carica nata quando molti hanno cominciato a domandarsi se i calibri esasperati fossero sempre e dovunque necessari o se talvolta una riduzione dei valori, compreso quello del rinculo, non fosse preferibile. Così prende avvio questa illustrazione. I bossoli del .30-06 Sprg. e del .308 Win. sono stati alla base di modifiche diverse da parte di alcuni fabbricanti statunitensi: la riduzione del diametro del colletto conserva una spalla di ottime proporzioni, mentre l’allargamento oltre un certo limite comporta una riduzione dello stesso, ma sempre in misura tale da consentire di far battuta sulla camera in modo da mantenere lo spazio di testa previsto. Se prendiamo in esame le maggiorazioni di calibro vedremo come il .30-06 Sprg. sia stato oggetto di attenzioni da parte di studiosi alla ricerca di una carica adeguata a selvaggina di sostanziose dimensioni, da impiegare nelle azioni classiche con otturatore girevole scorrevole, in quelle a pompa o a leva di moderna concezione e infine nei semiauto per la caccia ad animali coriacei, mediamente pesanti e da insidiare a brevi distanze: una scelta assai specifica per la selvaggina del Nord America. La cartuccia basata sul bossolo del .30-06 Sprg. con colletto per palla da .35” assume la sua fisionomia intorno agli Anni 20 del secolo scorso, ma è messa in regolare produzione da Remington, mantenendo il nome dello scrittore, cacciatore e autorevole personaggio del settore armiero, il Col. Townsend Whelen a cui l’aveva dedicata il progettista, James Howe della Griffin & Howe: così il nome è stato ed è tuttora .35 Whelen.

Alla Winchester si muovono intorno al 1955 e osserviamo la .358 Win. che si pone quale analoga derivazione, però dalla .308 Win. e viene adottata sulle bolt action Mod. 70 Lightweigth e sulle 88 a leva, seguiti dalla Browning BLR, dalla Savage Mod. 99 e dalle realizzazioni di diversi costruttori europei. Oggi si rivela poco usata nonostante le sue equilibrate e regolari prestazioni. La Federal ha preso a mano nuovamente il bossolo del .308 operando un minor allargamento nel diametro del colletto, fino alla misura di .338” ottenendo una carica interessante per la sua compattezza e per un compendio di prestazioni funzionale proprio alla caccia dei selvatici del Nord America. Il bilanciamento avviene fra velocità alla bocca, energia ed entità di rinculo, fattore questo tenuto in conto per l’impiego di fucili di peso medio. Un interessante esame comparativo vede in lizza questa carica con altre in grado di gestire proiettili intorno ai 180 gr, per intuibile analogia sul campo, e prendendo a campione un fucile con peso di 3,6 kg, quindi una giusta carabina con ottica. Lo specchietto riassuntivo evidenzia alcuni dati modificabili nella realtà come: ad esempio le rese del .30-06 Sprg. con palla da 180 gr sottendono una carica molto prestante mentre quelle del .300 Win. Mag. con palla identica sono decisamente tranquille. Ciò detto si evince come la nuova carica di Federal centri perfettamente il fine per cui è nata: bella sventola con poco rinculo, abbinata sempre interessante specie per diversi specifici tipi di caccia.

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Sempre per documentazione un pregevole Winchester Mod. 88 a leva camerato per la cartuccia .358 Win.

Proprio dalla Casa progettista assumiamo lo specchietto riportato nella scatola in vendita al pubblico e qui si evidenziano piccole differenze con i dati citati poco sopra: ecco dunque la serie dei numeri a cui l’occhio esperto applicherà immediatamente le scene opportune che la sua mente ha rilevato nei terreni venatori:

Cartuccia        peso palla grs/g       V/0 m/sec         E/0 joules          E/Rinculo joules
.338 Federal          210 / 14                800                      4373                     31,75
.338 Federal         180 / 12                 860                      4300                     29,61
7 Rem. Mag.        175 / 11,3              870                       4309                     35,78
.300 Win. Mag.    180 / 12                 900                       4748                     44,61
.30-06 Sprg.        180 / 12                 840                       4097                     31,41
.308 Win.           180 / 12                  790                       3665                     24,32
.358 Win.           200 / 13                  760                       3733                     27,21

Da noi questa cartuccia è poco diffusa pur essendo una valida alternativa a quelle che abitualmente sono camerate nei semiautomatici prettamente destinati al cinghiale, ma funge molto bene anche in fucili a ripetizione ordinaria: la sezione da 8,5 mm con un peso di 210 gr (14 g) consente una densità sezionale apprezzabile e un’ energia di tutto rispetto che, affidata ai proiettili che la Federal pone in commercio, si scarica compiutamente nel selvatico anche a distanze ben maggiori dei soliti 50 metri del tiro dalla posta. Abbinata a fucile e ottica adeguati la .338 Federal si presta all’entusiasmante caccia alla cerca nei terreni collinari dove sorprendere lo stesso cinghiale, il daino e il muflone può regalare momenti emozionanti e risultati di prestigio. La resa balistica resta funzionale nell’ambito dei 200 m con le opportune correzioni in elevazione, garantite dalle migliori ottiche oggi a disposizione. Per il tiro di premura, a selvatico in movimento, non dimentichiamo il vantaggio del basso rinculo grazie a cui si rimane facilmente in mira doppiando il colpo con elevate probabilità di riuscita. Oculatamente la Federal scrive nella propria confezione che il buon risultato venatorio inizia dalla scelta della palla così osserviamo questa Uni -Cor® Soft Point da 200 gr mentre il testo di Franck Barnes indicava all’origine tre proposte, solo tre avrà detto qualcuno, ma ci sembrano tutt’oggi davvero magistrali: 180 gr Nosler AccuBond, 185 gr Barnes TSX e 210 gr Nosler Partition.

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Le cartucce sono contenute in un alveare di plastica che le mantiene ben ferme senza porre troppa resistenza allo sfilamento

Qualcun’altro sentenzierà che non c’era alcun bisogno di quest’ennesima carica in un panorama dove le proposte sono fittissime: bisogno no, certamente visto che Diogene già nell’antichità aveva gettato la ciotola, unico suo avere, scoprendo di poter accogliere la zuppa in un pane incavato, ma è sempre bello osservare e provare qualcosa di nuovo specialmente quando la progettazione, come in questo caso, non è andata solo alla ricerca del botto da una serqua di joules, ma insieme ha cercato il modo di abbinarvi una gestione più facile da parte del tiratore. Nel panorama dei .338 questo valore ridotto rispetto alla classica carica della pari calibro Win. Mag. si pone quale giusto mezzo dove altri parametri, non solo l’energia strepitosa, concorrono a rendere funzionale la cartuccia. Questo si è ottenuto studiando oculatamente il tipo di polvere da impiegare con cui ottenere i risultati prefissi, dove sia garantito un picco di pressione non elevato insieme ad accelerazione rapida, ma graduale del proiettile con una canna di media lunghezza.

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La cartuccia 8×68 S: nata per il cervo ottima in tante altre situazioni

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La scatola di queste 8x68S RWS ha parecchi anni, ma confermiamo che il risultato balistico delle cartucce contenute rimane perfettamente all’altezza delle aspettative

Nata ufficialmente nel 1940  con gli studi del tecnico Otto Schuler la cartuccia 8x68S viene allestita con lo scopo precipuo della caccia al cervo nelle foreste tedesche, nelle pianure danubiane, nei boschi e nei monti dei Carpazi dove esemplari intorno ai trecento kg di peso e dai trofei imponenti illustrano la valentia del cacciatore, delle sue armi e del territorio. Già erano in uso altri 8 mm, la misura ritenuta specifica per il re della foresta, come l’8×57 e l’8×60 di Mauser, insieme al gagliardo 8×64 di Brenneke, tutti proposti in versione normale o S che indica la palla da 8,2 mm anziché quella più vecchia da 8,02 mm. La nuova realizzazione è nata e rimasta solo in versione S, come puntualmente indica il suffisso apposto alle canoniche misure di palla e bossolo. Presto detti i fini del progetto: una cartuccia in grado di spingere proiettili medio pesanti, indicativamente da 11,5 a 14,5 g, a velocità inusuali per l’epoca, quindi in grado di assicurare una elevata tensione di traiettoria e una cospicua riserva di energia anche a distanze considerevoli, all’epoca quantificabili nei 300 m, senza trascurare la debita precisione. Non va dimenticato come nel periodo la Germania fosse ai vertici nella scienza e nella tecnica, ivi comprese le poveri da sparo, quindi l’idea di accelerare una palla da 12,7 g, la misura più caratteristica, poco sotto i 1.000 m/sec si era tramutata in realtà. Se osserviamo il bossolo noteremo alcune differenze dalle ultime realizzazioni attuali e una riconferma: quest’ultima è rappresentata dal corpo liscio, senza cintura, a cui i tedeschi sono sempre stati affezionati, con la sola eccezione del 7×73 Vom Hofe, perché garante di una posizione più precisa grazie allo spazio ben più corto fra la battuta effettuata dalla spalla e la posizione del proiettile rispetto a quello dato dalla battuta sulla cintura.

Tutte le cartucce odierne, e in particolare quelle da tiro a media o lunga distanza anche statunitensi, sono così strutturate, e si vedano in proposito la .338 Lapua Mag., la 6 XC, la 6 PPC, la 6,5 Creedmor, la 6,5 Grendel insieme alla serie dei magnum corti di Winchester e Remington. Le differenze risiedono nel rapporto fra lunghezza e diametro del corpo, si accorcia e si allarga, e nell’angolatura della spalla decisamente più marcata sfruttando meglio polveri anche un poco più vivaci. L’affidarsi a pressioni elevate rimane una costante perché già la cartuccia di Schuler bazzica intorno alle 4400 atm: il corpo appena rastremato risponde all’esigenza di una maggior volumetria nella lunghezza e, insieme alla pendenza della spalla, a stemperare un poco, ma proprio poco, il rinculo secco e deciso che deriva da una carica ad esempio di 78,0 gr di MRP con una palla Nosler Partition da 200 gr, innesco Federal 215 M. che, in una canna da 70 cm, esce a 935 m/sec con 577 kgm, oppure da una meno aggressiva, sempre con bossolo RWS, 73,7 gr di N/160 con innesco RPM, palla Hornady SP da 195 gr, OAL 86,7 mm, V/0 in canna da 65 cm pari a 900 m/sec con 522 kgm di E/0 (senza ns responsabilità né garanzia). Sparando con fucili di qualche decennio addietro come un eccellente prodotto degli indimenticati Casartelli o un classico Mauser Europa 66, senza freno di bocca ovviamente, gli esiti sono assicurati sia sulla preda che sul cacciatore a cui la spalla darà qualche dolorino per un po’ di giorni. La soddisfazione sarà comunque tanta nel padroneggiare una simile cartuccia che, anche in poligono, manifesterà una costanza e una precisione ragguardevoli.

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La cartuccia è inserita nel magazzino fisso, pronta per essere camerata: è una RWS con palla H-Mantel da 12,1 g usata per molto tempo sul cervo prima delle ultime novità arrivate da poco sul mercato, ancora oggi si rivela una scelta indovinata

Sul terreno è più che mai doveroso scegliere una palla adeguata al selvatico: per animali leggeri va bene un po’ tutto purché la palla non sia troppo fragile danneggiando molto la spoglia, ma per il cervo, specie maschio, una palla come quella citata poco sopra, la sempre eccellente TUG della Brenneke, le nuove realizzazioni di RWS come la palla EVO garantiscono lo shock idrodinamico, la corretta penetrazione e la dovuta cessione di energia per un arresto immediato del superbo selvatico. L’impiego in Africa ha sempre garantito belle soddisfazioni specie con la palla da 14,5 g, la famosa Torpedo Stopring, con cui, da conveniente distanza, si atterra il bufalo con un preciso colpo al collo sulla spina dorsale, oppure la KS da 225 gr; sulle grosse antilopi poi si procede senza difficoltà di sorta. Una cartuccia di medio calibro che merita davvero l’appello di regina delle realizzazioni europee.

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La cartuccia Fiocchi Perfecta in .338 Lapua Magnum

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La poderosa cartuccia posta sulla suola elevatrice della Sako 85, pronta per venir incamerata

Quando la cartuccia .338 Lapua Magnum ha fatto la sua prima comparsa sulla scena civile era già stata ben sperimentata e impiegata da diversi corpi militari specializzati che avevano avuto modo di apprezzare le tante doti di questo progetto fra cui l’energia e la precisione a lunga distanza, il grande equilibrio dei diversi fattori e in ogni teatro di impiego, la gestibilità in armi ancora molto ben trasportabili dal singolo individuo con gli intuibili vantaggi degli spostamenti subitanei senza troppi appesantimenti e con misure del fucile ancora facilmente dominabili. Al di là dello scopo che rimane fortemente precipuo in guerra e che è colpire l’avversario, questa cartuccia si presta con successo a invalidare le apparecchiature elettroniche senza cui molti pezzi d’artiglieria o impianti missilistici rimangono inattivi. Ovviamente la gittata utile con una precisione elevata e tanti kgm da scaricare hanno guidato il progetto della Lapua e la Casa finlandese non ha tradito le aspettative fornendo un risultato consequenziale alla sua fama e all’essenza del tiro di precisione, materia assai seguita in queste terre dove agonismo, caccia e, ogni tanto guerra, hanno forgiato nel corso degli anni generazioni di eccellenti tiratori e di altrettanto validi progettisti di fucili e di cartucce. Le misure richieste in partenza dal Research Armament Co. indicano il calibro .338”, un peso di palla pari a 250 gr (16,2 g) e una velocità alla volata di 3000 ft/sec, quindi circa 915 m/sec: una bella combinazione in grado di erogare 691 kgm e, grazie all’impiego di proiettili con alto coefficiente balistico, di mantenere valori di tutto rispetto per un’ampia estensione di traiettoria. La base del progetto nasce dalle misure del .416 Rigby e i primi bossoli vengono prodotti dalla Brass Extrusion Labs. Ltd di Bensenville nell’Illinois mentre i proiettili escono dalla Hornady; non passa molto tempo e sia Lapua che Norma mettono in commercio le loro cartucce con il gradimento di SAAMI e CIP per le misure convenzionali che in termini metrici vedono un bossolo da 8,58×71 mm. La carica militare dotata di una palla appuntita con profilo secante dell’ogiva e boat tail all’apice posteriore batte comodamente i 1.500 m.

La cartuccia Fiocchi Perfecta

La Casa di Lecco ha immesso tale calibro nella serie Perfecta, quella da tiro con fattura molto accurata e rendimento in proporzione anche al prezzo che, necessariamente, non è popolare: la bella confezione da 10 cartucce va mediamente al pubblico intorno ai 66,00 €, ma se si considera che l’entità di polvere molto progressiva è davvero tanta e si impiega la pregevole palla Sierra Match King da 250 gr si comprende come il tutto arrivi a costare quell’importo. Ci piace il cartoncino usato per la scatola e la stampa che caratterizza questa serie speciale dove non mancano le indicazioni sulla palla in opera mentre per i dati balistici la ditta rimanda al suo sito da cui abbiamo ricavato le tabelle che riportiamo: per i meno affiatati con la modernità diremmo che il classico specchietto con i dati di traiettoria, velocità ed energia riportato sulla scatola non sarebbe male. Le cartucce si presentano con ottone di ottimo livello, tasca portainnesco e solco per l’estrattore molto nitidi senza la minima sbavatura, una ricottura della parte alta del bossolo, quindi ultimi mm del corpo, spalla e colletto che garantiscono elasticità e possibilità di ricarica. La prova condotta con una Sako 85 ha  evidenziato una cameratura corretta senza alcun sforzo né in chiusura, né in apertura, assenza di sfiammature anomale, giusto annerimento del colletto e forma ottimale grazie anche alla perfetta cameratura dell’arma in prova.

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Quattro cariche a fianco della loro confezione: apprezzabile l’estesa ricottura della parte alta del corpo, della spalla e del colletto che evita incrudimenti consentendo una buona ricarica

Al tiro ci siamo destreggiati come abbiamo potuto avendo scelto e fissato la giornata al poligono di Carrù (CN) per quel 24 novembre quando la pioggia e il vento si son messi d’impegno per sfiancarci, ma senza riuscirci: la posizione su un altopiano ci ha tenuti distanti quel che bastava dai disastri provocati dal torrente Tanaro. Un cenno lo merita l’ottica Burris Veracity 5-25×50 che in quella buriana ha consentito un’adeguata visibilità ai 200, oltre non si vedeva proprio, e una regolarità nelle correzioni davvero adeguata al binomio fucile e cartuccia. Per paragone abbiamo sparato alcune ricariche domestiche con palla Hornady A-Max sempre da 250 gr e la rispondenza è sempre stata molto elevata.

Conclusioni

Domandarsi a che serva questa .338 LM è superfluo. Serve ad apprezzare un lavoro condotto con esemplare capacità di raggiungere certi valori non accessibili a chiunque, a ritrovare come sempre il marchio Giulio Fiocchi Lecco pronto e disponibile a seguire gli appassionati su qualsiasi terreno, anche il più ostico e impegnativo, a verificare come l’esperienza e la conoscenza del mercato mettano l’azienda italiana sempre ai massimi livelli nell’ambito internazionale. Se poi si vorrà sperimentare il tiro a lunga distanza ci si metterà nelle condizioni più adeguate per assaporare quel che la .338 LM è in grado di fornire: purtroppo il poligono di Pian Neiretto (TO), a cui ci appoggiamo per le distanze sopra i 300, m in questo periodo chiude e riaprirà solo dopo la metà di maggio.  Non si può chiudere il discorso senza un occhio all’impiego venatorio: in mano a persone di buon senso, capaci di dire di no in assenza di condizioni ottimali, la cartuccia consente esiti reboanti; diversamente si riapre, a distanze sempre maggiori, la fabbrica dei “sanitari”, cosa da evitare puntualmente per non rovinare un’arte elevata come la caccia che non deve mai scadere a mero esercizio sportivo.

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La cartuccia .378 Weath. Mag.

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Una veduta laterale della scatola con le varie diciture: davanti due tipologie di carica con palla SPRN da 300 gr e PSP da 270 gr

Nelle nostre zone un Weatherby camerato per la .378 Weath. Mag. è incontro davvero insolito, tuttavia alcuni africanisti avevano dato la massima fiducia al binomio fra la cartuccia dell’indimenticato Roy californiano e il fucile Mk V per le battute di caccia nella savana africana dove i big five erano alla portata dello straordinario binomio. Qualche cosa ogni tanto appare a memoria di sogni e imprese di rara bellezza e, magari da tutt’altra zona da dove è apparso il fucile, salta fuori da un cassetto una scatola di cartucce degli Anni 70 che conserva tutto il fascino delle cose belle e dei magnifici pensieri che vi sono rimasti attaccati. Per dirla tutta e  in maniera poco poetica ai bossoli è rimasto appiccicato un velo di ossido piuttosto marcato che non abbiamo voluto levare: la storia si sedimenta sugli oggetti anche in questa maniera.

Il ventaglio di proposte offerto da Weatherby a partire dagli inizi dell’attività nel corso degli Anni 40 è stato molto vasto coprendo con i suoi calibri tutti i valori salienti della scala gerarchica statunitense: non sono stati proposti con una logica di misura quanto con un indirizzo alle esigenze e alle predilezioni del momento della probabile clientela, catturata dalla pubblicità reboante dell’azienda, suffragata dalle prestazioni sempre al di là dei pari calibro consueti. La minima è stata la .224 Weath. Mag., le medie di gran successo sono state la .257, la .270 e la .300 per salire poi alla .340 e a questa .378, penultima nata nel ’53 e seguita ancora dalla .460 del ’58. Con l’intento di fornire sempre qualcosa in più rispetto alla concorrenza e indagando fra i calibri da Africa il costruttore californiano aveva proposto fra il ’44 e il ’45 una sua .375 Weath. Mag. derivata dalla stessa misura della cartuccia inglese di H. & H. modificando un poco l’angolatura del bossolo e la spalla così da ottenere una camera a polvere maggiorata rispetto all’originale.  Pare che i risultati fossero encomiabili, ma pare ugualmente che da noi non siano mai arrivate carabine così camerate, prodotte per la verità solo e unicamente dalla ditta di origine. Immaginiamo con facilità che il divario di prestazioni fra Holland e Weatherby fosse qui troppo esiguo e non soddisfacesse appieno il progettista buttatosi dopo la fine della II GM allo studio di qualcosa di più prestante. Nasce così la .378 Weath. Mag. con un bossolo a sé stante, di capienza inusitata tanto che si dovette progettare e allestire uno speciale innesco, detto N. 115, che la Federal mise in produzione seguendo le orme, i desideri e le necessità del costruttore: il quantitativo di polvere si era rivelato talmente ingente da abbisognare di una fiammata di potenza incredibile per accendersi a dovere dando luogo ai giusti tempi di combustione. La ricarica allestita nei tempi attuali vede da parte del Maestro un’infima riduzione così che il quantitativo di Norma MRP tocca i 110 gr anziché i 111 gr previsti per accelerare un piccolo bolide da 300 gr SPRN, oppure altre due cariche identiche con proiettili Sierra SPBT da 300 gr oppure Sierra SPBT da 270 gr. Secondo i dati delle cariche originali la palla da .270 gr svilupperebbe ben 980 m/sec di velocità alla bocca, ma è poco da meno la 300 gr con 892 m/sec mentre le energie si posizionano fra 856 e 786 kgm. Decisamente apprezzabile anche la tensione di traiettoria con una MRT (mid range trajectory) a 200 iarde pari a 2” o 2,5” (5,10 o 6,35 cm) per palle da 270 e 300 gr.

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La confezione in cartoncino contiene 20 cartucce: il tempo ha giocato su spigoli e superfici ma la grinta e il richiamo alle caccie africane resta intatto, anzi diremmo che così assuma un fascino ancora maggiore

Brillanti risultati che in poligono scatenano una furia di baccano e di turbinio d’aria per il freno di bocca Pendleton a cui va comunque ascritta una certa riduzione del rinculo che, per il tiratore non aduso a simili esperienze, può comunque apparire punitivo. In effetti tale sensazione si distacca sensibilmente da quella rilasciata da un express dove già il peso dell’arma fa la sua parte, poi la carica e la forma del bossolo diluiscono i tanti kgm in un tempuscolo allungato e soprattutto, apportando un colpo d’ariete di minore entità. L’impiego va visto soprattutto e quasi esclusivamente sui selvatici africani o asiatici, in particolare sui pachidermi dove occorre attraversare imponenti masse muscolari per arrivare a interessare gli organi interni e produrre lo shock desiderato interrompendo la carica di un elefante, di un rinoceronte o di un bufalo; i proiettili sono quasi sempre a testa rotonda e con una mantellatura assai resistente, meglio se saldata al nucleo così da non perder pezzi nel tragitto interno, scaricando tutta l’energia e attingendo cuore, fegato, polmoni anche se il colpo è stato sparato da una posizione non proprio ottimale: da fermo si può agire con maggior scelta, ma sotto carica si fa come si può.

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L’alveare ancora in cartoncino dove sono contenuti cartucce e bossoli che, parecchi decenni fa, avevano respirato l’aria dell’Africa

Il doppiare il colpo è appannaggio di tiratori di consumata esperienza perché a chi è abituato a un .243 Win. o similari occorre un tempo discreto per riaversi dalla botta, azionare l’otturatore e riprendere l’assetto perfezionando nuovamente la mira e ripremendo il grilletto: intanto il selvatico avanza a passo di carica e con una sola idea in mente: farvi fuori!  E questa cartuccia può concorrere, se ben gestita, alla vostra salvezza per raccontarla e per ripresentarsi in savana, pronti per un’ennesima esperienza.

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EUROCOMM Munizioni, dal progetto alla disponibilità del prodotto.

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La cartuccia silenziata in calibro 28 della Eurocomm munizioni.

Lo stand di Eurocomm Munizioni ci accoglie con una gradita novità. Il progetto delle cartucce silenziate, nato nel 2016, è finalmente approdato nelle disponibilità degli appassionati di piccola migratoria con i calibri 28 e 36.

Le cartucce sono prodotte nel piombo del 9, 10 e 11 con grammature disponibili di 32 e 31 g rispettivamente.

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